Fringe benefit – novità 2024

19/04/2024

L’anno fiscale 2024 vede nuovamente rivisitata, con la Legge di Bilancio per il 2024 (L. n. 213/2023), la normativa in materia di fringe benefit, ovvero tutti quei vantaggi che il datore di lavoro può decidere di erogare ai propri dipendenti sotto forma di beni o servizi (ad esempio l’auto concessa al lavoratore in uso promiscuo, l’alloggio fornito al dipendente, la concessione di dispositivi da parte dell’azienda come smartphone, computer, e molti altri ancora).

I fringe benefits, generalmente corrisposti dal datore di lavoro in aggiunta alla retribuzione orinaria per migliorare il grado di soddisfazione e motivazione di un lavoratore in azienda, costituiscono per quest’ultimo, ai sensi dell’art. 2099 del nostro Codice civile, vera e propria retribuzione in natura.

Per il trattamento dei fringe benefits dal punto di vista fiscale si fa riferimento all’art. 51 del cd. TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi) il quale enuncia che: “rientrano a far parte del reddito di lavoro dipendente tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione del rapporto di lavoro”. Il comma 3 dell’anzidetto articolo prevede però la non concorrenza al reddito di lavoro dipendente del valore dei beni e servizi prestati al lavoratore fino ad € 258,23 in ciascun periodo di imposta.

La nuova legge di Bilancio ha previsto, in deroga a questo principio generale, per il solo anno fiscale 2024, che non concorrano a formare il reddito entro il limite complessivo di 1.000 euro (anziché 258,23), il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti, nonché le somme erogate o rimborsate ai medesimi lavoratori dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale, delle spese per l’affitto della prima casa ovvero per gli interessi sul mutuo relativo alla prima casa.

Come specificato dalla circolare 5/E dell’Agenzia delle Entrate con “prima casa” si fa riferimento alla “abitazione principale” prevista per l’applicazione delle detrazioni di cui agli articoli 15, comma 1, lettera b) e 16 del TUIR (ossia quella in cui il contribuente o i suoi familiari dimorano abitualmente). Le spese oggetto di rimborso devono quindi riguardare immobili ad uso abitativo posseduti o detenuti dal dipendente, dal coniuge o dai suoi familiari, in cui questi soggetti dimorino abitualmente e a condizione che ne sostengano effettivamente le relative spese. Sulla base di ciò, l’Agenzia delle Entrate considera rimborsabili sia le spese sostenute per un contratto di locazione, sia quelle relative agli interessi sul mutuo della casa, a condizione che l’immobile locato o su cui grava il mutuo costituisca l’abitazione principale del lavoratore. In particolare, il contratto di locazione deve essere regolarmente registrato e pagato nell’anno.

La soglia di 1.000 euro è elevata a 2.000 euro per i lavoratori dipendenti con figli a carico (compresi i figli nati fuori del matrimonio riconosciuti e i figli adottivi o affidati).

Qualora l’importo erogato dal datore di lavoro risulti complessivamente superiore al limite (2.000 euro per chi ha figli a carico o 1.000 euro per chi non li ha), l’intero valore rientra nell’imponibile fiscale e contributivo.

È certamente utile ricordare quando un figlio è considerato a carico:

  • Sono fiscalmente a carico i figli che non hanno compiuto 24 anni e un reddito non superiore a euro 4.000,00;
  • Sono fiscalmente a carico i figli, che abbiano compiuto 24 anni e un reddito non superiore a euro 2840,51.

Attenzione: tale condizione deve essere verificata per tutto l’anno fiscale quindi il requisito deve sussistere al 31/12 c.a.

La condizione di “figlio a carico” non è direttamente correlata alla percezione da parte del dipendente delle detrazioni per quel figlio, perché ad esempio per un figlio di età inferiore ai 21 anni un lavoratore potrebbe percepire l’Assegno Unico Universale.

Pertanto è necessaria la condizione di “essere figlio a carico” ma non è essenziale che il lavoratore fruisca delle detrazioni per quello stesso figlio.

Oneri del datore di lavoro e del lavoratore

Il datore di lavoro ha l’onere di acquisire e conservare tutta la documentazione che giustifichi le somme spese o rimborsate o, in alternativa, il lavoratore dovrà produrre una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà contenente il codice fiscale dei figli a carico (per beneficiare dell’innalzamento della soglia di esenzione a 2.000), il possesso di tutta la documentazione delle spese oggetto di rimborso (il contratto di locazione, le fatture relative alle utenze domestiche, ecc.), l’attestazione che le somme rimborsate non siano già state oggetto di rimborso (anche presso altri datori di lavoro). Anche il lavoratore dovrà conservare, nel tempo, la documentazione in suo possesso in caso di eventuali verifiche future da parte dell’Amministrazione Finanziaria.

Ricordiamo infine che:

  • i fringe benefit possono essere corrisposti dal datore di lavoro anche ad personam;
  • è bene che l’assegnazione di un fringe benefit sia formalizzata in sede di contrattazione individuale tra le parti;
  • in presenza delle rappresentanze sindacali unitarie il datore di lavoro è tenuto ad informarle circa l’attuazione dell’agevolazione in commento entro la chiusura del periodo di imposta.
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