Una problematica di grande attualità nel mondo del lavoro è quella relativa alla parità di genere, ovvero il raggiungimento dell’uguaglianza tra uomini e donne in vari ambiti della vita quotidiana, a partire da quello economico, sociale e politico, fino a quello lavorativo.
Il “gender gap” nel mondo del lavoro, ovvero il divario esistente tra uomini e donne, è ad oggi ancora fortissimo e, specialmente negli ambienti di lavoro privati, le donne si vedono maggiormente penalizzate rispetto ai colleghi uomini, a parità di mansioni ed inquadramento, sotto molteplici aspetti come ad esempio il trattamento retributivo, le possibilità di carriera e le condizioni di lavoro.
Nonostante le previsioni del D.lgs. n.198/2006, cd. Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, il personale femminile è ancora oggi oggetto di forti discriminazioni nel mondo di lavoro, talvolta fin dal momento del suo ingresso. Infatti, già in fase di colloquio, i datori di lavoro potrebbero sentirsi restii ad assumere una lavoratrice donna, in quanto vige ancora l’errata concezione che quest’ultima possa procurare al lavoro alcune complicazioni, legate ad esempio ad una futura maternità.
Attraverso le disposizioni esistenti, prima tra tutte il già citato Codice, innovato poi da norme di più recente attuazione come la L. 162/2021 e 234/2021, si sta tentando di ridurre questo divario tra uomini e donne.
Ma quali sono gli adempimenti a carico del datore di lavoro? Innanzitutto i datori di lavoro pubblici e privati che occupano più di 50 dipendenti (sia in relazione al complesso delle unità produttive, sia in riferimento a ciascuna unità produttiva con più di 50 dipendenti) sono obbligati a redigere un rapporto biennale relativo al personale maschile e femminile.
Non è escluso che anche le imprese con un numero inferiore di dipendenti possano comunque, volontariamente, decidere di presentare tale rapporto biennale.
Il biennio 2022-2023 sarà il prossimo oggetto di rapporto, e sarà da compilare e trasmettere telematicamente attraverso il portale Servizi Lavoro, entro il 30 aprile 2024 (salvo proroghe).
In merito al contenuto, il rapporto deve includere una serie di dati, ed in particolare:
- i dati generali dell’azienda;
- il CCNL applicato ed eventuale contrattazione di secondo livello;
- informazioni sul numero degli occupati (occupazione totale, promozioni, assunzioni, cessazioni, trasformazioni, formazione del personale effettuata – il tutto diviso per genere e categoria);
- informazioni su processi e strumenti di selezione del personale, accesso alla qualificazione professionale e manageriale, misure di conciliazione e criteri di progressione;
- retribuzione percepita dai lavoratori, suddivisi per categoria professionale e livello di inquadramento (nonché per genere) all’inizio del biennio e al termine dello stesso.
La mancata trasmissione – anche dopo l’invito alla regolarizzazione da parte dell’Ispettorato del Lavoro competente per territorio – comporta l’applicazione delle sanzioni di cui all’art. 11 del D.P.R. 19 marzo 1955, n. 520; se l’inottemperanza si protrae per oltre 12 mesi, è disposta la sospensione per un anno dei benefici contributivi eventualmente goduti dall’azienda. La trasmissione di dati incompleti o mendaci, verificata e accertata dall’ispettorato Nazionale del Lavoro prevede l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 5.000 euro.